domenica 9 gennaio 2011

voce del verbo lavorare

Ci sto pensando.


Da un mese e mezzo ho trovato lavoro. L'ironia ha voluto che, dopo aver inviato le solite centinaia di curricula, questa opportunità mi si sia rivelata sotto forma di telefonata da parte di un amico che il mio curriculum, di certo, non ha mai ricevuto. 
E ironia ha voluto che sia tutt'altro rispetto alle mie velleità sociologiche. Sono un editor, o meglio un responsabile editoriale in una agenzia di doppiaggio. Mi occupo dei testi che verranno parlati dai doppiatori. Si tratta di un paio di reality in voice over e a breve di un documentario. Ricevo i testi tradotti dai traduttori, gli script in lingua originale e i video originali: controllo, sistemo, curo. È un lavoro di cura, di dettaglio, di compromesso fra la lingua parlata , la lingua tradotta qui, la lingua parlata qui, la storia raccontata  e le scelte editoriali qui. Sono il referente per il committente presso l'agenzia cui ha commissionato la lavorazione. 
Ho iniziato a fine novembre con le parole periodo di inserimento. Quindi mi aspettavo un periodo di prova non retribuito, una personale serie di fatiche di Ercole finalizzate al fantomatico vediamo se. Sono figlio del mio tempo, per me, per noi, prova significa lavoro a gratis, prendersi le responsabilità di una posizione riconosciuta senza avere il riconoscimento. Lo diamo per scontato. E ogni sera il genitore di turno che chiede: "Ma almeno ti pagano? Oh, fatti pagare, parlane con loro". Loro, già. E la paura generazionale di avanzare una qualche pretesa, dove la mettono i genitori? Non sono loro a rischiare un arrivederci, addio
Ma un mese dopo il mio inizio mi è arrivato un assegno, e al mio sbigottito "Non me l'aspettavo" è seguito un altrettanto inaspettato "Il lavoro si paga". 
Alla sportellista delle Poste dove ho versato l'assegno ho chiesto una fotocopia, perché "Sa, è il mio primo stipendio". E lei mi ha risposto: "Allora auguri!". 
E adesso, dopo un mese e mezzo, sono ancora lì e mi sono potuto permettere un cappotto in saldo con i miei soldi. E se ancora ci penso, mi commuovo, stupido.

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