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domenica 1 aprile 2012

disintossicazione di un automa_settimana#4

Sai, se una ragazza si avvicina a un ragazzo e gli chiede una sigaretta, per quanto quella ragazza possa piacere a quel ragazzo - e per quanto condividano una preferenza sessuale - lui le dà la sigaretta e la cosa finisce lì, non è che lui si sente in dovere di provarci né il fatto che lei non ci abbia provato, riconoscendo in lui un generico eterosessuale del sesso opposto, viene visto come un'occasione persa. Invece sembra che voi gay dobbiate sempre provarci. Quello si è avvicinato a te e ti ha chiesto una sigaretta - ed era palesemente gay - e tu gli hai dato una sigaretta, l'accendino e che tu non abbia fatto la battutina «vuoi anche il mio numero di telefono», che ci aspettavamo, beh, è stato bello. È stato bello vederti "umano". 

Riappropriarsi dei propri desideri, senza che siano loro ad appropriarsi di te. Ridisegnare i contesti, dare il giusto peso alle situazioni. Non vedere nel ce l'hai una sigaretta detto da un bel ragazzo un pretesto per il flirt. Siamo persone, non prede né occasioni svendute. 


giovedì 15 marzo 2012

disintossicazione di un automa_giorno#11

L'unica prigione è quella in cui si vuole far finta di non vedere il buco nel muro.

Forse dovrei addirittura ringraziarlo. Dirgli grazie per esserti fermato, per avermi fermato. Sono passati così pochi giorni e già la tentazione di cedere - la metto giù troppo dura? Provo solo a dare un nome sonoro al ticchettio della tastiera. È stato troppo facile pensare di farcela, lui era così entusiasta di conoscermi, che il mio ego destrutturato ha sposato senza ma e senza se quello che sembrava il coniuge perfetto: un ragazzo solo in cerca di amici che confonde l'amicizia con i dolci morsi sul corpo. Mi ecciti, diceva. Pane per i miei denti stanchi della dieta. (E mi sono messo a dieta, un modo come un altro di tenere il controllo sulla materia nel tempo nemico dei buoni propositi). Ho frenato, ho fatto il gelo, ma lui scaldava. Non che mi piacesse, ma c'era (è questo il sufficiente). Se vuoi farti degli amici, non è così che si fa, pensavo di dirgli e forse gli ho detto. Ma lui. 

È in quell'istante che esci da te stesso e non sei più niente di più di quello che pensi di dover fare. Cogliere la provocazione (usare queste parole per giustificare un momento di debolezza). Eccomi, l'animale l'automa il messia del piacere dentro a un fazzoletto, fare il mio dovere di essere desiderante, trascinare l'altro come fossi una mantide - se affondo io, affonderai anche tu, toccare il fondale di questo mare notturno è troppa evidenza per farlo da solo; io ti rovinerò, per te non sarò che l'ennesimo che ha voluto concludere e che poi, che poi, che poi spariscono, dice. Non mi interessano le sue paranoie, le combatto con l'arma più potente, il calibrato lavoro del piacere semplice. Ma il traguardo mi è negato, dieci ore in magazzino sono stanco e poi non è giusto (io penso, lui dice o penso abbia detto, io ho pensato di sicuro). Hai superato la prova (tu? io?). 

Mi sono messo alla prova. Una mezza vittoria, forse. Hai superato la prova, dico. Nemmeno io volevo. Ora forse possiamo continuare a vederci, essere amici, andare fuori a bere, fare quelle cose di cui hai bisogno per non sentirti solo. Perché io mi sono visto in te, nella lotta che il tuo corpo ha ingaggiato per convincere il mio, voglio solo stare così, starei così ore; l'ignoranza beata del puro d'istinto. 

Disintossicarsi è anche reprimere, anzi no, è solo disciplina di sé. 

sabato 10 marzo 2012

disintossicazione di un automa_settimana#1

Arriva il momento in cui non ne trai più vero piacere; quello è il momento dell'automatismo. Assumi grandi quantità di sostanza perché l'effetto immediato è quello di aumentare la stima che tu hai di te stesso, pensando che il solo fatto di essere al centro di quella situazione significhi che sei una persona all'altezza di quella situazione. Ti senti più bello, più desiderato e desiderabile. Non ha più importanza da che parte arrivi quell'attenzione, chi sia il portatore della dose vuoi solo assumerla. Iniettare nella giornata un palliativo. È così che il sesso diventa droga e dipendenza. Magari stai frequentando qualcuno, ma non riesci a liberarti di quel bisogno che tutto sia consumato subito e ti tieni buono quello, mentre vai con l'altro, gli altri. Non c'è più conquista, solo una vittoria a tavolino. Lo sai già, lo sai sempre, anche se reciti la parte dell'appuntamento che mica è detto che. Diventi una persona orribile. 

Settimana 1
È una settimana che cerco di trattenermi, che rifiuto inviti semplici. C'è qualcosa che devo riconquistare, il gusto del cammino, della conquista. La tentazione di placare le mie insicurezze un orgasmo dopo l'altro è sempre forte, non mancano le occasioni - in questo stadio dire di  è più semplice di respirare. Ho incominciato la disintossicazione ed è difficile. L'astinenza, che ha sempre quel sapore catto-ascetico che dà fastidio, ma si tratta solo di astenersi dagli incauti acquisti. 
L'insicurezza del mio corpo fisico ha raggiunto livelli storici di problematicità. Tutto il resto giace in un involucro di repressione. Mi vedo molle, senza senso, per troppo tempo mi sono nutrito di facili attenzioni da letto e ora il digiuno mi fa venire i crampi. Ma il traguardo è importante, voglio tornare a camminare, uscire senza sapere come finirà la serata, coltivare il seme del desiderio, preparare il momento. 
Per ora relego i flirt allo spazio virtuale. Lì posso tenere sotto controllo eventuali crisi d'astinenza. E ogni tanto chiedo se magari, invece, una birra e due chiacchiere, allora vedo che come me ce ne sono ancora tanti, che collezionano indirizzi e indicazioni per i citofoni. 

sabato 8 maggio 2010

i buchi neri - e tu, chi sei?


Ripercorro la rubrica del mio cellulare, senza sapere bene perché. Alcuno nomi, alcuni nickname si notano perché sono tra parentesi. Io non amo cancellare, sono un collezionista; al massimo archivio, pongo in un angolo della memoria, sia la mia o quella del telefonino. Ripercorro i nomi tra parentesi: sono i nomi delle persone con cui ho intrattenuto incontri di necessità, più o meno occasionali. Non cancello, perché non sono di quelli che se li richiami o gli mandi un messaggio, ti rispondo con il classico E tu, chi sei? anche solo dopo due, tre giorni. E hai voglia a dirglielo, parte la pantomima della giustificazione, in un caso, e nell'altro - non so quale sia il migliore dei casi o il peggiore - direttamente un vaffanculo. In entrambi i casi, già sai che non tornerai a vedere il titolare di quel numero. Allora, se sei uno come me, che non cancella, ti ritrovi che magari per noia spulci la rubrica del telefonino, o magari stai cercando un numero, insomma ti ritrovi quelle parentesi. Ti incuriosisci e cominci a ricordare. Il primo che appare è un ragazzo che aveva appena finito di comprare casa, in un comune dell'hinterland, vi siete visti un giorno di pioggia, di diluvio, era domenica, probabilmente autunno. Avete appagato le vostre esigenze sul divano nuovo di pelle, la casa intorno ancora sapeva di intonaco, e l'asse del water si proteggeva nel suo cellophane. Poi c'è il nome di uno che avresti dovuto incontrare a Firenze, ma che non ha mai risposto ai tuoi messaggi quando stavi nella città, e si faceva vivo settimane dopo portando scuse su scuse. Un ignoto. Questo sì che è cancellabile: non ho vissuto nulla. Quello dopo, nemmeno lo ho vissuto, solo ci siamo sentiti via messaggio, ma non siamo mai riusciti a incontrarci, e sono passati mesi e mesi. Cancellabile. Poi arriva, e non ti ricordavi, il numero di un tuo ex, con cui hai ricominciato a sentirti, in gradevole e indifferente socialnetworkship, ma ancora ti ricordi il suo compleanno, e lui si ricorda il tuo, se lo è sempre ricordato, non costa nulla tenerlo lì, pensi solo che una volta non era tra parentesi, ma non ti ricordi perché se le è guadagnate. Altro contatto di un inarrivabile futuro, quando lo sento esprime una profonda voglia di conoscermi, ma credo sia un anno che va avanti così, e mai ha accolto i miei inviti o ne ha fatti di suoi, ma non lo cancello, perché promette bene, e io prima o poi tornerò in Italia. Come le cose che non butti quando fai il ripulisti della tua stanza: può sempre servire, ai vigliacchi e ai deboli come me. Il prossimo: contatto altoatesino, dato che non tornerò a intromettermi nella vita stressata di turisti natalizi, finisce qui il suo tempo. Nemmeno ci siamo mai visti, niente vita. Il successivo è differente: ci siamo visti un paio di volte, e mi adora, è come una fonte di autostima e cibo per l'egoismo, per questo non ho mai pensato di abbandonarlo, forse per lo stesso motivo dovrei cancellarlo, ma nel dubbio vince l'avidità. Poi? Di quest'altro non mi ricordo, forse aspetto che mi mandi un messaggio per rispondergli E tu, chi sei? Per non parlare di quest'altro, nemmeno pensavo di avere il suo numero, credo che mi abbia portato una volta a prendere un aperitivo analcolico per parlarmi dei suo abbordaggi in dark room o dei suoi sviluppi in palestra e per essere un primo incontro non mi capacito di non averlo cancellato dopo cinque minuti dal congedo. Strano come procedendo in ordine alfabetico diminuisca il ricordo che ho di ciascuno di loro, però sono appena arrivato ad un nome cui addirittura segue una nota spassosa che recita vuole i miei slip al mac di binasco. Va da sé. Avventure nel principato di Trento, niente di memorabile, via un altro. E perché resta nella mia rubrica, tra parentesi, un personaggio di cui ho già parlato in questo blog, il Mesellenico? Via! E ora l'ultimo, quello di cui spesso parlo in termini di Trombamico. Lui resta, magari ne parlerò, un giorno. Ora sono abbastanza stanco di tutto questo.

lunedì 3 maggio 2010

popper, non karl

La logica della separazione tra l'atto eiaculatorio e il piacere fisico dell'amplesso è accettabile solo in una prospettiva di una condivisione che si sia protratta per un tempo accettabile. L'occasione fa l'uomo ladro, e pure un po' esigente. Questo mi è apparso nella sua chiarezza abbandonando l'alcova di colui che chiameremo Mr. Pop, nomignolo che si è guadagnato inalando del popper per sentirsi piú macho, dato che non lo era nel letto, e per quanto due che prediligono o che necessitano nello stesso momento della stessa interpretazione possano comunque passarselo bene (traduzione letterale dallo spagnolo pasarlo bien), quando qualcosa manca, manca. Nel complesso, come disse il figuro, salutandomi e chiedendomi di gettare gentilmente l'immondizia uscendo, «Beh, una esperienza in più nella vita, no?». Sì. Non mi avevano mai chiesto di gettare l'immondizia dopo il sesso.

sabato 21 novembre 2009

stufa elettrica

Mi sono stufato dei gay.
Li trovo superficiali. Viuccia dice che il problema è all'origine, riguarda il momento del primo contatto, la modalità virtuale e via dicendo. Potrebbe avere ragione, ma dopotutto è difficile rimorchiare in un locale un gay se non rispecchi il canone di certe foto dei profili chatterecci: snello, con la variante atletico, taglio alla moda, magari non peloso e via dicendo. Mi rifugio nella Bearlandia (ché preferisco, personalmente, taluni esemplari) ma non è che vada meglio. Insomma, questi gay mi hanno stufato. Allora mi sono buttato sulle forti infatuazioni verso gli etero, ma non qualsiasi etero. Solo gli etero omoconcilianti, ossia quelli che non si fanno problemi se esprimi la tua preferenza, e fanno i piacioni, i mentalmente aperti, si fanno magari rimorchiare in un pub e poi dopo sei ore di flirt ti dicono che sono etero, ma che «hai fatto bene a dirmi che ti piaccio». Secondo me non ho fatto bene, e poi se ho fatto bene, almeno stacci un po'. Se no mi dici che ho fatto male, perfavore. Quindi sono stufo anche di prendermi bene per questi etero omoconcilianti.
Proporrei, se non fosse reazionario e anacronistico, un ritorno di velocità ad una mentalità semplice, fatta di buone e care e definite categorie e stereotipi e modi di fare del tutto riconoscibili.
Così evitiamo di fare figure di merda, grazie.

mercoledì 7 ottobre 2009

«e a te, ti piace baciare?»

Inutile negarlo: spesso la carne è debole e le tecnologie dell'appagamento 2.0 ci offrono l'opportunità di incontrare dei partner di materasso al modico prezzo di un minimo sforzo comunicativo. Il più delle volte, la cosa si ferma alla domanda: «che ruolo hai?» (giusto per non riproporla nell'antica formula), che spesso segue un generico «cosa ti piace fare?», e anticipa un »come sei?»; che tutto sommato sono domande quasi necessarie per capire se si sta ottimizzando la risorsa del proprio tempo, o se si può andare oltre.
Le popolazioni di una chat si dividono essenzialmente in due categorie: quelli che cercano sesso subito e quelli che cercano qualche-chiacchiera-che-magari-se-sei-simpatico-possiamo-pure-pensarcela-una-cosetta. Ultimamente, aderendo alla seconda fronda, ho conosciuto, anche solo virtualmente, a livello testuale, dialogico, persone interessanti, alcune delle quali oggetti di incontro a scopo birra o di incontro a scopo. Ma non volevo dire questo, volevo piuttosto porre all'attenzione una frase che trovo utilissima, anche se a prima vista può sembrare, forse lo è davvero, idiota; più che una frase, è una domanda che uno pone all'altro: «e a te, ti piace baciare?».
Mi sono trovato io stesso a farla, in alcune occasioni, forse sulla scorta di esperienze con fuckbuddies che se nella foga del momento creativo ti avvicinavi per quello che fisiologicamente si fa quando due corpi si avvinghiano, ti apostrofavano un bel: «no, niente baci» oppure «no, non mi piace baciare». Aggiungerei che secondo me non ti piace baciare il trombamico. Così che tu possa trattarlo come un oggetto o un contenitore, a seconda.
Il bacio, anche senza amore, ma solo per sesso, è quello che fa di due corpi due persone.

Riflettere, riflettere...

martedì 29 settembre 2009

la schiena del tutto

Il week end è stato lungo, è cominciato giovedì sera con la piazzetta e S. e due birre al bar della piscina, e un incontro casuale a fine serata con L. e canide. È proseguita venerdì con aperitivo al Mexicali con C., V. e D. (Come Volevasi Dimostrare), seguito da capatina al Fermento. Ma il bello è arrivato sabato, e quando dico è arrivato, intendo dire il bello: Gl., uno degli LG Bros. Sabato sera in oratorio a Precotto a sentire D. suonare la batteria per la festa patronale; inconsueto ma non sgradito, a parte il revival paternosterico alla fine, ma non è sede per parlarne, abbiamo rimediato con un doposerata al Maga Furla, tra i ricordi territoriali della mia Bicocca e una lieve brillatura alcolica.
È ora che si parla di Gl. È più giovane, ma è già un uomo fatto, di lavoro, di viaggi. E io non ho potuto guardarlo negli occhi suoi siculi e profondamente scuri come la notte che ti avvolge e via dicendo romanticherie spicciole, senza infatuarmene. Ma fosse solo quello. Il Tutto mi ha rapito: il rapporto fra le grandezze del suo corpo, la forma del cranio, la distanza fra gli occhi, il sorriso, il profilo, la larghezza delle cosce, la pancetta portata con dignità, ma soprattutto...
Voglio quella schiena! Per giorni ho voluto quella schiena, ho voluto affondarci le mie unghie, ho immaginato di farlo, di baciarla dal collo in giù per poi tornare su, misurare con il mio corpo la larghezza delle sue spalle, massaggiare la sua schiena e sentire il suo collo fra le mani. Ho immaginato di perdermi nel pelo che si intravedeva dalla polo slacciata, ho immaginato e desiderato di grattare la mia pelle contro la sua ruvida barba di un giorno, e le sue labbra carnose da signore del mare. La sua schiena... che quando si sedeva, si alzava la maglietta dietro e vedevo un po' di quella peluria che sale dal fondoschiena, e potevo immaginare glutei e gambe come solo il maschio che so di volere può avere...
Poi domenica siamo andati a fare merenda a California Bakery, per me un cookies e un americano sul prato in Sant'Eustorgio, poi aperitivo in zona allo Spritz.
Era seduto di fianco a me, coscia a coscia, profumo a profumo, e quando si chinava in avanti sul tavolino... la sua schiena...
Poi siamo andati al cinema, improvvisando. Un week end lunghissimo che è finito poco fa, di lunedì sera, con me che mi faccio 40 minuti di metro e tratti a piedi per andare a salutarlo prima che riparta. E basta. Salutarlo. Con calma, ho goduto ancora di quello scorcio dietro, prima di dargli i due bacini, stringendogli la mano (dalle unghie curate), e approfittando per accarezzare un'ultima volta la sua schiena, un po' più a lungo... la sua schiena...

S. dice che mi ama anche per questo, per le pazzie, che se non lo avessi fatto me ne sarei pentito. S. ama uno stupido, ma contenta lei...