mercoledì 30 giugno 2010

postdatato

Eva passa per lo stretto corridoio, nel caso qualcuno dei passeggeri voglia qualcosa di caldo da bere. Io ho la testa appoggiata al finestrino, i due posti al mio fianco giacciono vuoti, uno ospita la rivista di bordo e il quaderno su cui ho smesso di scrivere: la penna sembrava esplodere, forse colpa dell'alta quota? Fatto sta che sanguinava inchiostro. Sanguinava sul nome di Xavier, che si è seduto in fondo, e non mi ha seguito fino al centro dell'aereo. Non avrà voluto le ali, gli sarà bastata la coda. Ancora mi è pressoché oscuro il sistema che ciascuno attiva nella scelta del posto libero. Xavier. È stato un attimo fa, ho incrociato la sua immagine nella coda dell'attesa, la sua immagine che si è imposta alla mia fame sotto forma di jeans vecchi, sformati, una candida maglietta della salute, un cornice di capelli corvini che racchiudevano lineamenti morbidi e incolti intorno ad occhi verdi. Ho cercato il suo sguardo in continuazione, sapendo di non poterlo reggere. Ho sbirciato la sua carta d'imbarco: io ho bisogno dei nomi, di dare un nome alle cose e alle persone. Esistono indipendentemente da quello, ma acquistano una corporeità diversa con un'etichetta. Il contatto visivo ha un che di rivelatorio, e mi aveva rivelato il disinteresse, l'indifferenza, la passione ad una direzione, mi aveva rivelato che il colore dell'indifferenza viene dal verde e dal nocciola. Ma più mi avvicino a Barcelona, meno penso a Xavier, gli auguro silenziosamente una buona vita, e vivo il sentimento del rimpatrio, sorprendendomi della difficoltà di definire cosa sia il ritorno. Penso a tutte le volte che mi sono diretto fuori, e ricordo come ogni volta mi sentissi di tornare a casa. Non so perchè si applauda alla fine del volo, ma l'ironia low cost ha organizzato trombette per assecondare il modo italico di ringraziare il capo tribù per aver gestito così bene l'esperienza liminale del cambio di status. Poco ancora, e sarò di nuovo nella città dei prodigi, l'autobus è partito. Xavier è scomparso.

1 commento:

  1. penso che ogni essere umano abbia almeno uno Xavier nel proprio armadio personale, nel proprio album di ricordi...è quello che ogni tanto torna a galla nei pensieri e ci fa dire: e se invece...?
    meno male che il tempo invece scorre. O corre.

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