giovedì 29 ottobre 2009

casi umani, episodio 02

Ieri sera qui a Conciliopoli c'è stata la festa di laurea del G. e ho potuto intravedere alcuni esemplari interessanti.

Ad esempio, l'Ipertrofico, ossia quell'individuo, il cui ego si espande a dismisura all'interno della stanza o dell'ambiente in cui lo incontrate, in misura maggiore se ha la possibilità di imbracciare uno strumento a corda quale la chitarra e inscenare un ferragosto autunnale.
L'ipertrofia del Sé si manifesta soprattutto nella cosiddetta sindrome del piacione, per cui è anche possibile chiamarlo il Piacione. Di lui è facile invaghirsi, perché dimostra di non essere assolutamente interessato a chi siete, a cosa fate dei vostri genitali e delle vostre zone erogene, e vi parla con il coinvolgimento che riserverebbe al suo prediletto oggetto del desiderio, che spesso non coincide con il vostro, ma vi fa ambiguamente credere il contrario, o almeno la possibilità del contrario. Vi informate ansiosamente sul suo status sentimental-relazionale attraverso accurate indagini improvvisate fra i conoscenti presenti, traendo le conclusioni rassicuranti, creando un mito di salvazione. Vi saluta calorosamente, come se volesse rivedervi in altre situazioni, o in quell'altra situazione. Sta con voi e vi dedica il tempo che mai nessuno sembra avervi dedicato, nessuno tra gli uomini che avete avuto fin ora. Il suo trucco è farvi sperare. Siano maledetti, perché spesso provocano una sindrome di impotenza esistenziale.
Dal punto di vista sessuale, non ho informazioni in merito: di solito scompare come meteora dalla vostra vita, o se proprio riuscite a portarvelo a letto, è di quelli che non restano.

Rimedio: nessuno, i Piacioni hanno un fascino che si smorza solo con il tempo, o con traumi improvvisi tipo incontrarlo con la compagna/il compagno, o sapere che vi odia. Ma per incontrarli di nuovo ci vuole una dose di fortuna che supera quella giornaliera della fettina di culo.

giovedì 22 ottobre 2009

casi umani, episodio 01

Prendo spunto da una nota di qualche amico di Facebook per cominciare una serie di post sui tipi umani, cercando di adattarla a "l'ambiente", come direbbero taluni iberici.
Proverò a essere regolare nella post-azione, ma come sempre prevarrà l'ispirazione sulla time table.
Oggi cominciamo parlando de Il Narciso, tipologia assai comune e riconoscibile. Tutti conosciamo più o meno la mitologia, e la morale che ne deriva: mai frequentare qualcuno che ama più un pezzo di vetro riflettente di quanto ami voi, e che si senta in diritto di consigliarvi su vari aspetti della vostra vita, prendendo come riferimento quello che farebbe lui. Ne l'ambiente è una percentuale molto alta, e spesso si distribuisce fra il tipo sfranta e il tipo insospettabile intellettuale, con prevalenza nella prima classe di soggetti... spesso più oggetti, perché amano essere il centro dell'attenzione, e a tal fine non disdegnano vendere metaforicamente il proprio corpo e la propria arte pur di sentirsi dire quanto questo vi renda felici, ed essere inondati di ringraziamenti. Tendono infatti a preferire una relazione in cui l'altro si senta in debito perenne, sia perché grazie al Narciso ora vestite meglio e avete un posto più chic nel mondo, sia perché grazie al Narciso ora potete vantarvi della sua compagnia quando andate al Lelephant. È indubbiamente sexy e appetibile come quel boxer colorato da Tezenis, ma costa molto di più, in termini sia economici che psichici. Ama circondarsi di persone che reputa più brutte, assumendo un atteggiamento messianico, per accompagnarvi a fare shopping facendovi credere che lo fa per voi, quando alla fine voi tornate a casa con una magliettina se vi va bene, e lui con almeno tre capi di abbigliamento. Oppure si circonda di persone che considera belle per formare compagnie di adoni.
Nel sesso è sfuggente, e passionale come nei porno. Evitate luoghi con specchi. Ha un carattere irascibile, permaloso, testardo e a volte può sembrare o rivelarsi realmente stupido, ma probabilmente è l'elastico degli slip Calvin Klein che non gli fa affluire il sangue più in su della cintola, limite oltre il quale, personalmente, perde di attrattività.
Se vi scarica, adduce scuse del tipo: "Non mi valorizza stare con te" oppure "Per adesso non sta funzionando". Poi non vi chiama più, probabilmente ha un altro adulatore ad attenderlo.
Non va in palestra, bensì è uno di quei soggetti con un metabolismo invidiabile. O non mangia.

Rimedio: indifferenza e tenacia nel perseverare nei propri errori - si allontanerà da solo o si redimerà. Se siete più pazienti, potete provare a educarlo alla bellezza del quotidiano, ma è dura.

Alla prossima!

punti merda


Camminare sotto la pioggia in questa città così conciliante - la città del concilio - ti fa pensare a diverse cose. Per prima cosa, che hai dimenticato l'ombrello, o che devi sopportare le conseguenze della tua personale visione del mondo degli ombrelli come oggetti inutili atti ad essere smarriti o dimenticati o rotti o ingombranti. In secondo luogo, pensi ad amenità quali

i punti merda.

I punti merda sono punti che una persona guadagna quando mi fa un torto (secondo il mio personale standard), tutto qua.

Una prima tabella potrebbe comprendere:

Pacco, ossia mancare ad un appuntamento senza avvisare: 10 punti merda;
Bidone, ossia mancare ad un appuntamento adducendo all'ultimo momento scuse improbabili (secondo il mio personale criterio): 15 punti merda;
Arrogarti la capacità di capire cosa penso e comportarti di conseguenza senza chiedermi nulla: 20 punti merda; se questo ti porta a scaricarmi si sale a 25 punti merda;
Dimenticarti il mio compleanno: 1 punto merda; se per evitare l'accredito sei andato a controllare su Facebook, aggiungi 4 punti merda;

Altre voci mi verranno in mente.

E tu che leggi, quanti punti merda hai già guadagnato?

La prossima volta spiegherò come smaltire la merda accumulata, se c'è un modo.


sabato 17 ottobre 2009

one more chance

Stasera sono nervoso.

Mi ha innervosito qualcosa, e so bene cosa: un Ciao lanciato da R. su msn, dopo dieci giorni da quel dì del mio - in pratica - monologo. Sono arrabbiato, infastidito. Ma da cosa? Le possibilità sono diverse: infastidito perché succede sempre la stessa cosa, perché è successo un'altra volta quello che è successo; infastidito perché il discorso non si è ancora mai realmente chiuso, perché non ho risposta al mio perché; arrabbiato, o infastidito perché non voglio che le persone pensino di potermi trattare in questo modo; arrabbiato perché sono semplicemente stanco. Stasera sono nervoso, e oltre ad un aperitivo il mio umore non mi ha permesso nient'altro.

«Arriviamo fra 5 minuti» - ne passano 20. Penso: non ci si prende delle responsabilità se poi non si possono mantenere, quindi o è successo un vero imprevisto, oppure semplicemente avete deciso di prendermi per il culo, perché io sono quello che si può prendere per il culo, tanto io mi fido, io aspetto qui. Era successo un imprevisto.

Davvero troppo nervoso.

giovedì 15 ottobre 2009

fuori dal pitale

È capitato un'altra volta, settimana scorsa, ma ci ho messo una settimana per pensare che forse avrei dovuto scriverne. Penso che l'idillio liceale sia terminato, nel solito modo: lui pensa di sapere cosa io provo, pensa di averlo capito in base ad una sua personalissima teoria del linguaggio, e si comporta di conseguenza, ossia decide di allontanarmi senza chiedermi conferma delle sue supposizioni circa la natura del mio interesse a lui. Alla richiesta di chiarimenti non ho ottenuto un feedback. Tantomeno la possibilità di metterci l'ultima parola e uscirne con onore.
Io la chiamo arroganza.



martedì 13 ottobre 2009

con dominio di parola

Ho appena sentito una abitante del complesso residenziale: «In questo posto c'è molta falsaggine...».
Credo si tratti di una malattia che ti impedisce di dire le cose giuste, tipo che ti fa falsare le cose che dici.

giovedì 8 ottobre 2009

in un mondo piccolo

Oggi è uno di quei giorni in cui il mio mondo implode. Dopo pranzo, nell'amena località suburbana di Buccinasco ho incontrato niente di meno che Giorgio, un mio coinquilino che risale ad almeno due anni fa nella Trento di via Grazioli. Avevo perso le sue tracce, dopo l'abbandono della Pisani's House nell'agosto del 2007. E ora me lo ritrovo lì, che mi dice che si trasferisce a Milano per studiare. Un colpo. Una distanza spaziale e temporale annullata in un solo colpo.
Stasera, dopo l'aperitivo (strana coincidenza che avvenga tutto dopo il cibo?), due figuri mi fissano, io fisso loro, aspetta un attimo e sono Pippo e la Marty, due amici della Borgonauta, mia compagna di sventure da quel dì nella Mansarda Criminale, e ora alla Cri.Cri.Pre.S.S., sempre della combricola tridentina, lei a Milano per lavoro, lui suo consorte a Milano per amore in visita. Distanze nulle.
Sembra tutto ieri. Questo è l'effetto che fa trovarsi improvvisamente in un mondo piccolo, un grande mondo imploso.

mercoledì 7 ottobre 2009

«e a te, ti piace baciare?»

Inutile negarlo: spesso la carne è debole e le tecnologie dell'appagamento 2.0 ci offrono l'opportunità di incontrare dei partner di materasso al modico prezzo di un minimo sforzo comunicativo. Il più delle volte, la cosa si ferma alla domanda: «che ruolo hai?» (giusto per non riproporla nell'antica formula), che spesso segue un generico «cosa ti piace fare?», e anticipa un »come sei?»; che tutto sommato sono domande quasi necessarie per capire se si sta ottimizzando la risorsa del proprio tempo, o se si può andare oltre.
Le popolazioni di una chat si dividono essenzialmente in due categorie: quelli che cercano sesso subito e quelli che cercano qualche-chiacchiera-che-magari-se-sei-simpatico-possiamo-pure-pensarcela-una-cosetta. Ultimamente, aderendo alla seconda fronda, ho conosciuto, anche solo virtualmente, a livello testuale, dialogico, persone interessanti, alcune delle quali oggetti di incontro a scopo birra o di incontro a scopo. Ma non volevo dire questo, volevo piuttosto porre all'attenzione una frase che trovo utilissima, anche se a prima vista può sembrare, forse lo è davvero, idiota; più che una frase, è una domanda che uno pone all'altro: «e a te, ti piace baciare?».
Mi sono trovato io stesso a farla, in alcune occasioni, forse sulla scorta di esperienze con fuckbuddies che se nella foga del momento creativo ti avvicinavi per quello che fisiologicamente si fa quando due corpi si avvinghiano, ti apostrofavano un bel: «no, niente baci» oppure «no, non mi piace baciare». Aggiungerei che secondo me non ti piace baciare il trombamico. Così che tu possa trattarlo come un oggetto o un contenitore, a seconda.
Il bacio, anche senza amore, ma solo per sesso, è quello che fa di due corpi due persone.

Riflettere, riflettere...

giovedì 1 ottobre 2009

mini


Un gran bel claim: io sono per il minimalismo. Se ci piaciamo, se vediamo che stiamo bene, inutile stare lì a percorrere un percorso obbligato, una serie matematica di incontri, potenzialmente infinita (è ciclica quando va bene), mettendo ogni volta in discussione e definizione il momento, l'istante. Il per-ora-va-così-smo non porta molti risultati, è invece piuttosto sfiancante per la controparte, quando sia, come me, uno che crede nell'opportunità di un bel taglio di rasoio. Se ci si abbandona alla deriva multifattoriale e all'eccesso di vita mentale, si rischia di perdere di vista l'obiettivo, o perlomeno il senso della cosa-che-si-sta-facendo. Per questo vorrei che si pensasse di meno a come si dovrebbero fare le cose, e si passasse al come si vorrebbe che fossero le cose, lavorando per questo. Tutto per un sano minimalismo.