Rallentiamo.
lunedì 27 settembre 2010
giovedì 16 settembre 2010
corsivo adulto
Ieri sera ha avuto inizio la vita adulta; fino ad ora l'inizio era un forse, una possibilità, ma ieri... Ieri C. ha firmato, nel senso di consolidato, fermato la girandola delle esperienze a raccolta, concluso quel percorso di anni da stagiaire che introduce, in teoria, nel mondo dei posti fissi, fermi, firmati. Ovvero, C. si è sistemata, che poi vuol dire che è riuscita a penetrare nel sistema. Non è semplicemente entrata, l'ingresso prevede un passaggio consentito, la penetrazione è invece qualcosa di più complesso, ha a che fare con la dura lotta quotidiana per aprire brecce: lei ha scavato da più direzioni, ingoiato rospi, non sempre allucinogeni, fino a farcela. La gioia infinita - che non ho ancora avuto modo di dimostrarle - che accompagna la ricezione della notizia, come ha sempre accompagnato la condivisione dei cambiamenti nel nostro comune percorso di crescita, ha come contraccolpo l'infinita disperazione di chi ancora non ce la fa. Ma mi dice un'Airone, di non farmene una colpa, di non pensare che sia colpa mia, che un po' di sano culo è una variabile potente.
È un po' come il primo che si sposa, il primo che firma un contratto serio, o il primo che esce di casa. Ora, considerato che già una si è sposata, e che ieri C. si è presa il posto per la prima che lavora davvero, rimane da coprire il posto di chi andrà a convivere o a vivere da solo seriamente, e altri primati. Ognuno ha le sue possibilità di diventare adulto agli occhi degli altri.
lunedì 6 settembre 2010
Barcellona, tipo tre mesi dopo
La possibilità di restare, o di tornare, questo è il tema. Tutti volevamo rimanere, e poi quasi nessuno ci è riuscito, come se il tempo passato in quel luogo fosse destinato a rimanere una parentesi. Ce ne siamo andati con la coda fra le gambe, chi prima, chi dopo. Ora ci ritroviamo e parliamo di questo, che forse non sarebbe stato giusto rimanere, che la città è sempre lì, e ci possiamo tornare avanti, che saremmo rimasti solo sull'onda dell'entusiasmo, che ancora c'è il tempo di andare altrove, di esplorare altre possibilità, che sarebbe stato troppo impulsivo, che dobbiamo ricordarci che, checché ne dicano, siamo ancora giovani, siamo giovani, giovani che esistono. Nei discorsi pubblici i giovani non esistono più, o meglio esistono ma solo come categoria statistica e come capro espiatorio, come residuo. Non abbiamo diritti perché non entriamo nella vita degli altri, non abbiamo nemmeno il diritto di essere, di esserci. Siamo una macchia oleosa che si aggira per le vie della città, siamo passanti ignorati o perseguitati. Viviamo in un mondo dove la cultura dei giovani come risorsa è andata scomparendo di fronte alla cultura del siamovecchinonfaterumore. Ora i progetti riprendono una dimensione patria, italiana nel mio caso, voglio riprovarci qui. D'altra parte, essere giovane, vuol dire potersi tenere porte aperte, portare con orgoglio la croce di una vista a trecentosessantagradi. Barcellona è lì, Berlino anche, il Mondo non scompare, e un low cost ci porterà dove vorremo andare, quando lo sapremo.
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